27 dicembre 2018

Stelle Letterarie - Capricorno


Per comprendere a fondo la natura di un Segno è molto spesso utile leggerlo “in coppia” con il suo dialettico, cioè con quello che lo fronteggia lungo il cerchio zodiacale. Nel caso del Capricorno è addirittura essenziale farlo nel momento in cui si parla di letteratura, regno in cui il Cancro (segno opposto al Capricorno) domina. La tradizione zodiacale colloca nel Capricorno il rigore, la logica, l’ambizione, il pensiero positivista, la passione per la politica e il potere, l’autocontrollo, la tendenza all’accumulo di beni, l’avarizia, la chiusura nella propria torre d’avorio, la vecchiaia, il freddo, la durezza.
Come si spiega che tra i due scrittori più celebri del segno troviamo Charles Perrault, padre della fiaba moderna, e Giovanni Pascoli la cui “poetica del fanciullino” risuona ancora nei nostri ricordi di scuola? Fiabe e fanciulli sono argomenti cancerini che i due autori, dotati di particolare sensibilità rispetto alla media dei Capricorno solitamente impegnati a costruirsi una carriera, trovano naturalmente dentro di loro.
Quando il temperamento distaccato, o l’ambiente di nascita ci spingono a saltare le tappe e a diventare adulti troppo in fretta, quando la famiglia o le circostanze della vita ci privano della spensieratezza dell’infanzia, dentro di noi qualcosa resta sempre bambino. Ed è proprio questo che accade al segno del Capricorno che, come il piccolo “Baby Boss” del cartone animato, sembra arrivare in questo mondo già vestito come un AD di un’azienda colossale, munito di valigetta 24 ore e pochi capricci in dotazione (per inciso, anche Marla Frazee, la creatrice di “Baby Boss”, è nata ovviamente sotto questo segno).
Certo quel bambino nascosto, quel grumo di fragilità che il Capricorno nega e rifiuta dal suo primo respiro, non può essere vissuto con spensieratezza, va educato e condotto con la logica e il ragionamento a non fidarsi del mondo crudele, a non essere ingenuamente sciocco. Ecco da dove nascono le fiabe di Perrault che, partendo dai racconti popolari del suo tempo, rimaneggia il materiale a disposizione, rendendo le trame più logiche, infarcendole con riferimenti geografici reali e soprattutto mettendole al servizio di una morale che non fa sconti e non salva Cappuccetto Rosso dal lupo, perché una sciocca bambina disubbidiente e vanesia, se lo merita di essere divorata per essere stata superficiale.
Ecco cosa è il Capricorno. È il senso di realtà.
Pascoli è più indulgente con suo bambino interno, che nelle sue poesie appare spesso come cucciolo nel nido o come neonato piangente nella culla e che, nella notte, viene consolato dal canto di madri e nonne. Si rende conto che solo quegli occhi rimasti fermi all’infanzia a causa di un grandissimo dolore familiare, sono però quelli che gli permettono di vedere il mondo da poeta.
Chi invece si muove con disinvoltura in mondi in cui prevalgono tecnologia e potere, dove le simbologie proprie del Capricorno emergono linearmente, è Isaac Asimov. Il celebre autore di fantascienza nella sua monumentale opera “Fondazione” sceglie un protagonista che sembra un capolavoro astrologico: il Mulo. Questo personaggio che per tre quarti dell’opera è presente sotto mentite spoglie, ha poteri psichici che pian piano irretiscono interi sistemi solari. Il Mulo, come da manuale astrologico, ha alle spalle un’infanzia infelice e traumatica; per il suo aspetto mostruoso è stato sempre deriso ed emarginato, così quando scopre di poter influenzare psichicamente le emozioni altrui (il mondo delle emozioni è cancerino) decide, come farebbe qualsiasi buon Capricorno, di soddisfare il suo feroce desiderio di rivalsa attraverso la conquista e la sottomissione di tutta la Galassia.
Il desiderio di rivalsa, il rifiuto di un ruolo sottomesso è certamente anche la spinta emotiva che sta alla base dell’opera di un’altra Capricorno, Simone de Beauvoir, autrice di una pietra miliare del pensiero femminista: “Il secondo sesso”. Bastano queste sue lapidarie parole per rendersi conto con quanta forza e razionalità la de Beauvoir riesce a confutare secoli di pregiudizi e scardinare ruoli acriticamente accettati da secoli: “Donne non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l’aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell’uomo; è l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna”.
Questo segno di Terra non tollera ruoli subalterni, ama il potere e ama stare in vetta. Ma non si può negare che spesso riesca ad essere fortemente autoironico, come accade quando, rivolgendo verso se stesso la lente iper-razionale, scopre il lato ridicolo dei suoi peggiori difetti. E così nascono personaggi tragicamente comici come l’Avaro, il Borghese Gentiluomo o il Misantropo, nati dalla mente del celeberrimo Capricorno Moliére, gravato da un’infanzia piena di lutti, ma (come spesso accade a questo Segno associato alla vecchiaia) favorito dalla vicinanza di un nonno che lo trascinò per tutti i teatri della città, sviluppando nel nipote una tale passione per la commedia all’italiana da trasformarlo nel genio che tutti conosciamo. E così il Capricorno diventa il fustigatore pubblico dei suoi peggiori difetti, ma senza poi farne una tragedia, perché in fondo resta un cinico disilluso e non sopporta le lacrime.

© riproduzione riservata: immagini Fototeca Storica Gilardi - idea e testi Stefania Lucarelli

26 novembre 2018

Stella letterarie - Sagittario


Il nono segno dello Zodiaco è un archetipo che rappresenta il concetto di “lontano”.
Il Sagittario infatti, associato anatomicamente alle gambe che ci permettono di allontanarci dal circostante, simboleggia la spinta umana verso una fiduciosa esplorazione di ciò che è ancora sconosciuto. L’esplorazione è da intendersi sia fisica che mentale ed è ben rappresentata in questa sua duplice forma nelle opere di moltissimi autori appartenenti al segno. È facile ad esempio, ritrovarne i motivi conduttori ne “I fantastici viaggi di Gulliver” del Sagittario Jonathan Swift.
Nel racconto del celebre scrittore inglese possiamo vedere all’opera i tre pianeti che dominano questo segno: Giove (l’espansione, il viaggio, ma anche la giustizia e il giudizio morale), Nettuno (gli oceani, l’infinito, l’indefinito, il fantastico) e X-Proserpina (la Natura rigogliosa, la madre Terra, l’utero). Sempre grazie a naufragi o a disavventure per mare, Gulliver si trova ad incontrare popoli sconosciuti e lontani, bizzarri e diversi, ma con difetti troppo simili agli uomini del suo tempo perché non emerga prepotente il suo giudizio morale. Condizionato inconsapevolmente dai suoi astri, non può che scegliere di attribuire la massima saggezza all’animale “totem” del Sagittario, cioè il cavallo, immaginando di essere abbandonato nella “Terra dei cavalli razionali”, gli houyhnhnm, dotati di parola e grande intelligenza, la cui armonia è minacciata dagli yahoos, creature bipedi pericolosamente simili a degli esseri umani primitivi.
È interessante a questo proposito ricordare anche quanto il viaggio fantastico e il motivo “moraleggiante” si mescolino nel lavoro letterario di un altro celebre Sagittario: Collodi, il “papà” di Pinocchio che condivide con Gulliver questa idea che la saggezza sia appannaggio degli animali più che degli umani, che si imbatte in disavventure marine e viene messo alla sbarra da una giustizia ingiusta.
Ma il Sagittario ama la diversità e l’esplorazione anche quando non si tratta di scrivere un romanzo fantastico. In questo segno troviamo l’amore per le lingue, quello per la filosofia e le religioni. È anche il segno degli antropologi e degli etnologi, di cui il Sagittario Ernesto De Martino è un chiarissimo esempio. Con le sue ricerche sui “maciari”, i guaritori del Sud Italia, meravigliosamente documentata anche grazie all’apporto di fotografi come Ando Gilardi (non a caso un Gemelli, segno che fronteggia il Sagittario, nello Zodiaco) ha salvato un patrimonio di tradizioni popolari, una cultura “tribale”, che stava dissolvendosi con l’avvento della modernità.
Anche Joseph Conrad è un rappresentante perfetto del segno, con la sua passione per il mare, i suoi romanzi avventurosi ambientati su navi e mercantili, l’odio per lo sfruttamento coloniale nei confronti degli indigeni, l’amore per i paesi esotici frutto dei suoi viaggi in tutto il mondo.
Con il nono segno dello Zodiaco vediamo apparire in modo significativo nel mondo letterario, anche le donne.
Il Sagittario è il segno che, insieme al Leone, annovera il maggior numero di scrittrici celebri. Per citarne solo alcune: Jane Austen, L.M. Alcott ed Emily Dickinson. Queste scrittrici sembrano parlare da un piccolo ambiente protetto dalle vicissitudini storiche del loro tempo, come fossero racchiuse in un “utero” familiare o sociale che le isola dal flusso degli eventi più grandi. Ma dalla loro prospettiva intima riescono a dipingere un affresco dei loro contemporanei, di grande lucidità e disincanto, cogliendo le ipocrisie, le piccole miserie, e sanzionandole, a volte con ironia, a volte con mestizia, ma sempre con una consapevolezza che l’essere donna è qualcosa di più grande e importante di quel che la società permette. Significative sono in proposito, queste parole di Jane Austen: “Per rendere giustizia agli uomini, che sebbene nella stragrande e insignificante maggioranza del loro sesso, pensino che l’imbecillità nella donna sia un grande vantaggio per il loro fascino personale, c’è una parte di loro troppo ragionevole e troppo ben informata da desiderare in una donna qualcosa in più dell’ignoranza.
E significative sono queste parole di Emily Dickinson per capire il rapporto stretto tra il segno del Sagittario e il mondo naturale, segnato da una sorta di innocenza, di purezza interiore: “Quando da ragazzina stavo molto nei boschi, mi dicevano che il serpente mi avrebbe morso, che avrei potuto cogliere un fiore velenoso, o che i folletti mi avrebbero rapita, ma io andavo avanti e non incontravo nessuno tranne angeli, che erano molto più timidi con me, di quanto io fossi con loro, così non ho quella confidenza con l’inganno che hanno tanti.” Il Sagittario è saggio e ingenuo allo stesso tempo, ha fiducia nel mondo. Ama l’innocenza e sanziona la malignità.
Moltissimi altri autori del segno presentano una connotazione propria che tocca tutti questi temi in modo forse meno evidente, ma comunque riconoscibile. Per ricordarne uno su tutti, Mark Twain, che nacque come umorista e concluse la sua vita letteraria sferzando con grande severità le ipocrisie del suo tempo, facendo una profonda critica sociale, sottolineando il dilagare dell’ingiustizia, l’assurdità del razzismo e dei dogmi religiosi. Ecco, per concludere, una sua frase che racchiude perfettamente l’essenza del Sagittario: “Ogni razza decide da sé cosa è indecente. La natura non conosce indecenze. È l’uomo a inventarle.”

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31 ottobre 2018

Stelle letterarie - Scorpione


Cosa potrebbe ispirare ai nati dello Scorpione questo autunnale progredire delle tenebre e strisciare di brume? Che strana alchimia di gioia e sconforto potrebbe riversarsi nelle pagine scritte da un autore segnato da questo periodo dell’anno in cui le dispense sono piene, la natura si tinge di mille colori, ma il freddo inizia a pungere, le braci scoppiettano nel camino mentre il buio arriva sempre troppo presto?

È forse un caso che Bram Stoker, l’autore di Dracula, sia nato sotto questo segno, il 7 novembre 1847? Ed è ancora un caso che anche l’autore del Dr. Jeckyll e di Mr. Hyde, Robert Louis Stevenson, sia nato il 13 novembre 1850? … Paura eh! … ah già, anche Carlo Lucarelli è uno Scorpione, lui e il suo “Blu notte”, lui e i suoi thriller. Mancherebbe all’appello il padre dell’horror, Edgard Allan Poe, che in Scorpione aveva “solo” l’ascendente e che, da buon Capricorno, non prevedeva nessun riscatto al male.

Ma quello che interessa davvero allo Scorpione è il crimine, la sua nascita, il suo svilupparsi, l’intelligenza e le passioni che vi stanno dietro, ma in questo segno brilla sempre una scintilla, quella di una vita alternativa in cui l’eroe deve esistere, anche (soprattutto) quando è negativo. Si potrebbe dire che lo Scorpione è il segno dell’Antagonista, è il responsabile di quelle Tenebre senza le quali nessun eroe luminoso potrebbe distinguersi. Negli autori scorpionici è profondo l’interesse per quelle ombre dell’animo umano che portano a compiere azioni efferate. Questo segno è l’unico dello Zodiaco che riesce a guardare il mostro negli occhi. È l’unico che fa del mostro il suo protagonista, l’unico che riesce a ribaltare la prospettiva tra il Bene e il Male insinuando nella mente del lettore che non sempre le cose stanno come appaiono.

Anche quando si tratta di un autore per bambini, come Gianni Rodari, lo Scorpione ribalta i canoni morali, sovverte il mondo e racconta le “Favole a rovescio”:

C’era una volta
un povero lupacchiotto
che portava alla nonna
la cena in un fagotto.
E in mezzo al bosco
dov’è più fosco
incappò nel terribile
Cappuccetto Rosso,
armato di trombone
come il brigante Gasparone…
Quel che successe poi,
indovinatelo voi.

Ciò che contraddistingue gli autori di questo segno, è il senso della tragedia, delle passioni che sconvolgono la mente, la “perdizione”, certo anche il sesso, che però non si esprime mai così direttamente come ci si potrebbe aspettare, ma prende vie traverse e usa metafore. Quello che invece balza in primo piano è proprio una differente prospettiva sul Male come nei romanzi dello Scorpione Feodor Dostoevskij , che già dai titoli (“Memorie dal sottosuolo”, “Delitto e castigo”, “L’idiota”, “I demoni”, “Memorie dalla casa dei morti”) raccontano come tutto venga ribaltato e come l’interesse sia rivolto al dannato, all’invisibile , e in quelli di Friedrich Schiller, che sceglie come eroi dei “Masnadieri” o di quelli di Stevenson con i suoi pirati crudeli e sanguinari.
Sono i ribelli che lo Scorpione ama e racconta, coloro che, reietti della società scelgono di andare a fondo con la stessa caparbietà di un eroe positivo, portando il peso di tutto ciò che il mondo condanna.
Così scrive Dostoevskij: “Ci sono nella vita degli uomini dei momenti storici, in cui una scelleratezza evidente, sfacciata, volgarissima può venir considerata nient’altro che grandezza d’animo, nient’altro che nobile coraggio dell’umanità che si libera dalle catene.”
Ecco il nucleo dell’ispirazione scorpionica.
Tuttavia non bisogna dimenticare il guizzo sarcastico, il lampo di genio umoristico che questo ribaltamento produce in moltissimi scrittori appartenenti al Segno. Uno per tutti il poeta dialettale Trilussa, che già nella scelta di un linguaggio “volgare” per un opera aulica, si dimostra scorpione doc, e che fustiga i benpensanti con allegra crudeltà, affinché il pensiero piatto della maggioranza, incapace di elevarsi, riesca almeno ad affondare nelle paludi del Male per accorgersi di cosa sia davvero il Bene, poiché la vera colpa per uno Scorpione è la banalità.

La tartaruga
Mentre una notte se n’annava a spasso,
la vecchia tartaruga fece er passo più lungo
de la gamba e cascò giù
cò la casa vortata sottoinsù.
Un rospo je strillò: “Scema che sei!
Queste sò scappatelle che costeno la pelle…”
- lo so – rispose lei – ma prima de morì,
vedo le stelle.
(Trilussa)

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26 ottobre 2018

Stelle Letterarie - Bilancia


Il settimo segno dello Zodiaco, dopo un percorso che ci vede concentrati sul nostro mondo personale e privato, spalanca le porte sul mondo dell’Altro, folgorandoci con la consapevolezza che non siamo unici e neppure soli. Nel segno della Bilancia vediamo due “piatti” che devono (vogliono) stare in equilibrio e per ottenere ciò sono costretti a osservarsi, confrontarsi e rispettarsi reciprocamente.
È proprio questa natura che “vede doppio” a colorare con la sua amabilità, con il suo senso estetico ed etico, le scelte degli autori nati sotto questo segno.
Nel regno della Bilancia vengono forgiate le regole democratiche e la Legge (manifestazione umana della più alta Giustizia, cara al segno), nascono i contratti che regolano la vita pubblica e privata, tra cui spiccano il contratto matrimoniale (a due) e quello societario. Ma non si deve mai dimenticare che le leggi per la Bilancia non hanno valore “funzionale”, questo segno non le ama solo in quanto utili, ma soprattutto in quanto giuste, belle e armonizzanti.
Non stupisce a questo punto vedere citato sul web il Bilancia Edmondo De Amicis con questa frase esemplare che accosta etica ed estetica: “Rispetta la strada. L’educazione d’un popolo si giudica innanzi tutto dal contegno ch’egli tien per la strada. Dove troverai la villania per le strade, troverai la villania nelle case.” Il contegno. Il bon ton. Il galateo. Concetto principe della personalità bilancina, manifestazione di una propensione interna al rispetto sociale, così importante per evitare o risolvere quei conflitti e quelle violenze che i Bilancia trovano intollerabili. L’autore del libro “Cuore” riversa tutti i suoi condizionamenti zodiacali nell’opera che lo rese celebre, dipingendo un mondo fatto di buoni sentimenti, di rispetto, di idealismo, di norme di convivenza costantemente tese a migliorare i rapporti tra differenti classi sociali, e tra personalità apparentemente inconciliabili. E si rivela al meglio, creando Franti, lo strafottente-codardo-violento, che riassume tutto ciò che la Bilancia detesta, il gigante buono Garrone, il bravo- bello-ricco-gentile De Rossi, la maestrina dalla (arietina) penna rossa sul (arietino) cappello (per dialettica con il segno che fronteggia la Bilancia) e così via.
Anche se cambiamo completamente genere rispetto a De Amicis, resta sempre traccia dell’impostazione idealistica e armonica della Bilancia nei letterati del segno i quali, attenti alle norme sociali e formali, sono dei veri esteti della parola, eleganti, raffinati e snob anche nella vita, come Oscar Wilde i cui aforismi sono una descrizione perfetta di questo temperamento zodiacale. Wilde pone la Bellezza sopra ad ogni cosa, dandole una dignità morale senza pari. Il motivo estetico che si sposa con l’etica, con la bellezza interiore e, se distrutto, rende mostruosi anche all’esterno, come accade a Dorian Gray, nasce dal connubio dei tre pianeti dominanti della Bilancia: Venere (l’arte, l’armonia, la bellezza), Saturno (il rigore, la logica, l’autocontrollo) e X-Proserpina (l’apparenza, la trasparenza).
Un altro pilastro della poetica della Bilancia è quello della “coppia”, quasi sempre intesa nella letteratura non come coppia di coniugi o amanti, ma come coppia di personaggi “complementari”, due compagni di strada, due facce della stessa medaglia. Provate a pensare a Don Chisciotte e Sancho Panza: il folle cavaliere errante con la mente accesa dall’ideale e il semplice servitore dotato di logica e buon senso che provvede a riportare il suo padrone alla realtà. Il Bilancia Cervantes scrive con grande ironia, dote che lo accomuna a Wilde, raccontando un mondo di valori perduti, l’anacronistica lotta per difendere “le pulzelle” e riportare armonia, ma il razionale Saturno è sempre lì che tiene gli occhi aperti: non ci si può illudere fino in fondo, e la guerra non è il mezzo ideale per ottenere ciò che si vuole.
La figura del nobile buono, ma incapace e dello scaltro e fedele servitore la ritroviamo anche in un altro Bilancia, l’umorista inglese Wodehouse , creatore del più celebre “valletto” della letteratura: Jeeves, il super efficiente maggiordomo dell’inetto Bertram Wooster, gentiluomo ricchissimo e svogliato.
Jeeves ha tutti i pregi della Bilancia, è raffinato, coltissimo, moderato, imperturbabile e sa sempre come risolvere una situazione. Bertie invece ne ha tutti i difetti, è pigro, inetto, snob e, pur ritrovandosi spesso a due passi dal matrimonio (altro topos bilancino) per blande infatuazioni o per non offendere le signorine coinvolte, viene sempre “salvato” dal passo definitivo, grazie all’intervento di Jeeves.
Nel segno della Bilancia troviamo anche un genere letterario particolare: la poesia, la quale riesce a mostrare il lato più “scabro” del segno, quello maggiormente segnato da Saturno, cioè dal senso di realtà bilancino. Quando leggiamo Thomas Eliot o Eugenio Montale (per citare due premi Nobel per la letteratura, entrambi Bilancia) percepiamo l’essenzialità e il rigore della parola saturnina, il suono secco che si spezza come un ramo, una parola capace di fondersi con un’intensa profondità di sentimenti e con una misurata malinconia. E forse è proprio questo il genere preferito anche dai lettori Bilancia, insieme alle storie romantiche e alla letteratura forense.

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
(E. Montale “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale” – Xenia II, 1967)

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29 agosto 2018

Stelle Letterarie - Vergine


L’arte è la bellezza, l’invenzione perpetua dei dettagli, la scelta delle parole, la cura attenta nell’esecuzione.
Ecco cosa pensava Théophile Gautier dell’essere scrittore.
Il Vergine Théophile Gautier, come la Vergine Agatha Christie, riteneva che nell’attenzione al dettaglio fosse racchiuso ogni segreto, che la cura puntuale nel comporre una storia , nel descrivere personaggi e luoghi fosse essenziale perché ne risultasse una vera opera d’arte. Certo poi impiegò 30 anni per scrivere il suo “Capitan Fracassa”, ma anche questo è un dettaglio.
Nel frattempo riuscì a comporre una quantità immensa di poesie, cronache, romanzi, recensioni artistiche guadagnandosi la stima di tutti i suoi contemporanei, persino dall’ombroso Baudelaire che lo ricordò come “poeta impeccabile e perfetto mago in lettere francesi”.
Impeccabile e perfetto.
Due obbiettivi a cui la Vergine aspira costantemente
Dall’acuta fantasia di Agatha Christie nacquero due dei personaggi più “verginei” in assoluto: Hercule Poirot e Miss Jane Marple, lui un omino lindo e stizzoso, dall’intelligenza infallibile e lei una pacata e attentissima vecchietta, con le mani (e la mente) sempre in movimento.
Il segno della Vergine esprime anche in campo letterario la sua natura precisa e meticolosa grazie all’apporto di tre pianeti che ne determinano il temperamento: Y-Eolo (pianeta del ritmo costante e della conservazione), Urano (signore della tecnica) e Mercurio (archetipo della comunicazione e dei dettagli).
La combinazione di questi tre grandi principi simbolici si esprime in modo magistrale proprio in questo campo, poiché la comunicazione scritta ricade sotto il dominio di Mercurio, signore della Vergine.
Leggere opere di autori appartenenti a questo segno dà l’impressione di osservare il mondo attraverso un microscopio: tutto diventa importante, niente è lasciato al caso, gli stati d’animo dei personaggi vengono descritti minuziosamente, così come gli ambienti. Chiunque abbia letto Tolstoj capisce di cosa si tratta.
La scrittura è spesso pulita ed essenziale, priva di orpelli formali, ma non sciatta, si mette al servizio della storia, evitando di attirare altrove l’attenzione: il focus è sul racconto, tutto l’impegno è teso a trasmettere in modo esatto l’immagine o il concetto che l’autore vuole esprimere.
C’è molta accuratezza nella scelta dei termini, nel calibrare le atmosfere, gli umori, si può dire che la Vergine sia maestra nel “dipingere con le parole”. E i suoi soggetti preferiti sono “gli ultimi”, i personaggi piccoli, umili, gli sconfitti dalla vita, quelli che rischiano di restare schiacciati dai perfetti ingranaggi della società che proprio il segno della Vergine è preposto zodiacalmente ad eternare.
Lo sguardo degli scrittori Vergine è sovente attirato dai protagonisti del segno opposto, quello dei Pesci: i devianti, i romantici, i sentimentali, i mistici, i folli, gli uomini e le donne che “falliscono”, che non riescono ad integrarsi o che si disintegrano a causa della durezza della vita quotidiana e delle regole sociali. Come non pensare al “Ciclo dei Vinti” di Giovanni Verga.
L’opposto segno dei Pesci, pone il problema dell’Infinito al Vergine Jorge Luis Borges per il quale il nettuniano mare (simbolo pescino) diventa “un antico idioma che non riesco a decifrare” , infinito intollerabile o irraggiungibile che porta Cesare Pavese a definire la vita come un “mestiere” (termine caro alla Vergine) faticoso e ad abbandonarla troppo presto.
Le correnti letterarie che possiamo accostare alla Vergine sono il “verismo” e il “realismo”, cui vanno aggiunti i testi descrittivi, le enciclopedie, le cronache puntuali, ma anche un tipo particolare di “diario di viaggio” quello che annota accuratamente le tradizioni dei luoghi visitati, il popolo, la gente “piccola”, il quotidiano, argomenti tanto amati sia dal Vergine Goethe che dal già citato Gautier.
La passione per la tecnica, associata a questo segno zodiacale, fa ricadere sotto la sua area di influenza anche opere che non possono considerarsi letterarie in senso stretto, ma che costituiscono ugualmente una produzione culturale importante, cioè i manuali di qualsiasi genere.
Il lettore Vergine cosa ama? La mia ipotesi è che ami soprattutto le opere ben scritte perché è infastidito dall’eloquio approssimativo, ma che lo portino lontano, in un mondo dove tutto è possibile, dove le sue remore saltino travolte dall’irrazionale, dove finalmente possa sentirsi libero dalle catene di un mondo mortifero, inesorabilmente perfetto.

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26 luglio 2018

Stelle Letterarie - Leone


I Leoni messi davanti ad una biblioteca possono avere due reazioni opposte e ugualmente drastiche: voltare annoiati le spalle ai libri perché la letteratura è l’ultimo dei loro interessi, oppure immergersi totalmente in quel mondo poiché per un Leone alla vera passione non si resiste.
Il primo genere letterario che assocerei a questo segno fiero e vitale, dominato dall’astro solare e da Y-Eolo, pianeta dell’inizio del Tempo, è la “Chanson de geste”, il poema cavalleresco.
Nel racconto delle gesta di cavalieri “senza macchia e senza paura” è chiara l’associazione che l’astrologia fa tra il Sole, fonte di vita per tutti gli esseri umani e la figura dell’eroe che splende nella sua armatura lucente, ricacciando il Male nel profondo della Terra. La “chanson de geste” racconta in modo romanzato ed epico storie che si pretendono storicamente accadute e i racconti vengono recitati e cantati (come vuole la teatralità del segno) in un contesto indubbiamente leonino: davanti ad una corte all’interno di una reggia.
Se reggia e cavaliere ispirano un autore “fuori tempo”, il Leone può sempre ricorrere al romanzo storico (rigorosamente epico) come fece Sir Walter Scott con “Ivanhoe” che colloca il suo eroe puro, all’epoca delle crociate e di Riccardo Cuor di Leone .
Oltre al Sole, altri pianeti del Segno contribuiscono alla qualità cavalleresca dei personaggi leonini, di qualunque storia si tratti. La presenza “in trasparenza” del pianeta X-Proserpina, associato alla Natura, alla Luce, alla benevolenza, non ammette ombre nei protagonisti preferiti dal Leone e l’eroe positivo per antonomasia percorre la storia guidato da una autentica generosità e abnegazione di fronte a donzelle (o amici) in pericolo e a bambini abbandonati, perché dietro le spalle di questo Leone fa capolino la Luna, suggeritrice di amore per gli indifesi.
Per quanto riguarda la mancanza di paura dei personaggi preferiti dai Leoni, il temperamento di questo segno non tollera un sentimento tanto plebeo, indegno di un vero sovrano e ostacolo all’autentica impresa da “super uomo” così l’autore (o il lettore) Leone, crea (o predilige) personaggi il cui coraggio viene messo costantemente alla prova. Senza andare troppo lontano basti pensare alla saga potteriana della leonessa Joanne K. Rowling, che ha l’accortezza di condividere col suo protagonista la data nascita: il 31 luglio.
Indubbiamente gli autori Leone non riescono a prescindere molto da se stessi nella stesura delle proprie creazioni letterarie. Che siano egocentrici è indubbio.
Il primo romanzo della leonessa Sibilla Aleramo si intitola “Una donna” ed è un racconto autobiografico dalla sua infanzia fino alla sofferta decisione di lasciare marito e figlio, per una vita libera e priva di ipocrisia. Anche un’altra leonessa, Isabel Allende, scrive da sempre prendendo spunto dalla propria vita e dalle vicende dei suoi familiari (“La casa degli Spiriti” è la storia romanzata della sua famiglia, e “Paula” è il racconto della malattia e della perdita della figlia)
E che dire di Herman Melville, che si arruola come mozzo per conoscere la vita di mare e compone 3 romanzi autobiografici su questa esperienza, per poi riassumere 18 mesi di emozioni vissute su una baleniera, nel celebre romanzo “Moby Dick”, con il grande capodoglio che incarna il Male da annientare?
Il linguaggio letterario leonino è sempre ricco, epico, eccessivo, lirico.
Il prolifico Alexandre Dumas per la stesura dei suoi “feuilletons” che narravano di moschettieri leali e spacconi, di gioielli rubati, di sovrani e intrighi di corte, si faceva aiutare da uno stuolo di amici. Anche un altro Leone, Guy de Maupassant fu uno scrittore molto fecondo: la creatività non manca a questo segno e l’eccesso è una delle sue caratteristiche principali. Anche nei romanzi di Maupassant troviamo i “leit-motiv” leonini: il disprezzo verso le peggiori manifestazioni dell’animo umano, il disgusto nei confronti dell’ipocrisia, dell’opportunismo, una sensibilità costante verso coloro che non si possono difendere dall’ottusa crudeltà di quella piccola borghesia che il monarchico Leone descrive meschina ed egoista.
Infine non possiamo dimenticare il nostro Giosuè Carducci, che mostra le tracce dell’appartenenza a questo Segno anche nella figura fiera e nella chioma leonina. Sanguigno, ribelle, amante della natura fin da bambino, quando un editore gli chiese di pubblicare le sue prime poesie, si offese a morte (« Raccogliere ed esporre io le mie poesie in un libretto a prezzo come in un bordello …”) affermando che il pubblico non aveva la necessaria levatura per capirle.
Più Leone di così …
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30 giugno 2018

Stelle Letterarie - Cancro


Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi
Quante volte ci siamo imbattuti in questa citazione dal Piccolo Principe? Così tante da restarne annoiati, da non capirne più il senso semplice e profondo. Eppure in questa breve frase forse possiamo trovare tutta l’essenza del Cancro. Questo segno estivo, collegato tradizionalmente al mondo notturno, materno, alle acque dolci, all’infanzia, alla memoria, alla fecondità, vede col cuore e scrive col cuore, sapendo che nulla di ciò che è tangibile è così importante come un’emozione.
Quando un Cancro scrive è perché una valanga di sentimenti è giunta in superficie. Spesso si tratta di emozioni dolorose, malinconiche, struggenti che il cancerino ha covato per un certo tempo, che ha custodito gelosamente dentro di se’ perché troppo intense per poterne parlare, troppo inadatte per questo mondo. Ma quando il cuore dello schivo Granchio trabocca, produce capolavori.
Quante volte abbiamo ripetuto nella mente il leopardiano “… e naufragar m’è dolce in questo mare”?
o, per restare sul vago, abbiamo risposto pirandellianamente “Uno, Nessuno, Centomila”.
Il Cancro non ha un suo stile letterario. Il Cancro è la letteratura.
Leopardi , Saint-Exupery, Pirandello, ma anche Kafka, Hesse, Hemingway, Neruda, Proust, Orwell: ognuno di loro è una pietra miliare, un modello non riproducibile, un genere a se’ stante.
Gli autori nati sotto il segno del Cancro hanno la capacità di creare mondi paralleli, luoghi magici, ma anche spaventosi dove tutto può accadere, dove tutti possono ritrovarsi come bambini indifesi, dove si continua a naufragare nelle emozioni, a volte senza scampo. Hanno tutti, senza esclusione, un concetto romantico e drammatico della vita, espresso con gradi diversi di tenerezza e durezza, e traspare nel loro narrare un amore per le piccole cose, un attaccamento al mondo femminile materno, un tormento grande. Così come immenso è il loro disprezzo per il potere e la tirannia, concetti cari al Capricorno, che nello Zodiaco fronteggia il Cancro.
Orwell ammetterà di aver composto ogni suo scritto dal 1936 in poi, mosso dall’odio per il totalitarismo, spinta condivisa spesso dalla cancerina, Oriana Fallaci e dal grande poeta cileno Pablo Neruda.
La Luna, astro che domina il segno insieme a Venere, appare continuamente nelle pagine degli autori del Cancro che vivono nel loro mondo notturno, a volte sognante, appartato e lontanissimo. La Luna è madre o matrigna, è stupore e conforto, è la metafora del tempo che scorre senza che nulla cambi, mentre l’umanità arranca, è un abbraccio luminoso dopo tanto buio.
Il racconto cancerino raramente parla di fatti, perché i fatti non sono importanti di per se’, al limite sono pretesto per esplorare il mondo dei sentimenti. E tutta la poetica di questo Segno ruota intorno a ciò che il cuore umano prova di fronte all’immensità del cielo, dell’amore, del destino, del dolore. Tutto è infinitamente grande per l’anima del Cancro, l’eterno bambino.
E proprio come un bambino il Cancro si stupisce della cattiveria, resta puro, coraggioso, eroico, desidera conforto e protezione, conosce solo vette di amore e abissi di tristezza, e si diverte a deformare la realtà con la sua sfrenata fantasia, mostrando rari e meravigliosi guizzi di umorismo .
Ma nel temperamento cancerino abbiamo sempre in agguato il senso di inadeguatezza e il dramma, come accade a Franz Kafka che, nelle vesti del suo personaggio Gregor Samsa, sentendosi inadatto e incapace, schiacciato dalle responsabilità familiari, si sveglia una mattina trasformato in uno scarafaggio che suscita ribrezzo anche in chi dovrebbe amarlo e dopo qualche tempo si lascia morire per liberare la famiglia dal suo peso. E di mancati riconoscimenti da parte di società e famiglia è piena anche l’opera di Pirandello che con un pizzico di umorismo sa però stemperare il dramma in farsa.
La famiglia. Il luogo cancerino per eccellenza, che tanti problemi procura a Giacomo Leopardi (che ne fuggirà) e tanta nostalgia provoca in Proust che comporrà centinaia di pagine di teneri e dettagliatissimi ricordi infantili, nella sua “Ricerca del tempo perduto”.
Molti indimenticabili poeti sono nati sotto questo Segno come abbiamo visto, ma tradizionalmente il Cancro è associato al genere narrativo e alla letteratura per l’infanzia, come ci ricordano il già citato “Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupery, “La fattoria degli animali” di George Orwell e le celebri favole del francese Jean De la Fontaine.
E favole, fiabe, racconti popolari, storie fantastiche e avventurose sono anche gli argomenti preferiti del lettore cancerino, che non è capace di digerire ogni sorta di romanzo, perché per lui, dotato di troppa fantasia, leggere significa viaggiare in un’altra dimensione, trasformarsi e vivere realmente ciò che è scritto sulla pagina. Le emozioni raccontate restano addosso al lettore del Cancro per giorni interi e per tornare nella vita reale, uscendo dal personaggio, ci vuole uno sforzo notevole non sempre gradito al nostro lunare amico.
Gran parte dei nostri sogni li viviamo con assai maggiore intensità della nostra esistenza da svegli”.
(Hermann Hesse)
© riproduzione riservata: immagini Fototeca Storica Gilardi  idea e testi Stefania Lucarelli

29 maggio 2018

Stelle Letterarie - Gemelli


Difficile stabilire se il Gemelli sia più un appassionato lettore o un forsennato scrittore. Il Gemelli scrive tanto, tantissimo, ma il suo comodino ospita sempre 4 o 5 libri che vengono letti in contemporanea, alcuni per studio, altri per svago, altri ancora per curiosità o perché sono ai primi posti in classifica. Per lui il mondo delle parole è un luogo pieno di fascino, perché non è importante solo “cosa” si comunica, ma anche “come” lo si comunica. Non che gli sia indifferente il contenuto, ma la forma con cui ci si esprime è essenziale per il Gemelli che simboleggia proprio quella fase dello sviluppo umano in cui il bambino si accorge che ad ogni suono emesso, corrisponde una risposta dell’ambiente. La passione gemellare per i suoni, le parole, le inflessioni, i dialetti, i linguaggi tipici di alcuni gruppi, la curiosità per i meccanismi del parlare e dello scrivere (e la scimmiesca abilità nel riprodurli) ne fanno un vero linguista. La scelta dei termini esatti (e dei suoni perfetti), per questo segno, è quasi un’ossessione, anche perché la velocità tipica gemellare sovente lo fa imbattere in “incidenti comunicativi” dovuti alla fretta. Infatti, se la “forma” dello scrivere (e del parlare) lo vede operare come un tecnico, con precisione e profondità, gli argomenti che lo interessano sono infiniti e il Gemelli spesso vorrebbe toccarli in modo lieve, sfiorarli passando oltre subito dopo, attirato da qualcosa di nuovo. Questo segno d’aria simboleggia la pura comunicazione, l’espressione verbale e scritta, il continuo scorrere dei messaggi tra un punto e l’altro, tra una persona e l’altra, le notizie che attraversano l’ambiente e che vengono colte dal Gemelli alla prima vibrazione, come farfalle nella rete .
I pianeti che governano questo segno, Mercurio (messaggero degli dei), Plutone (signore delle profondità e del potere) e Y-Eolo (signore dell’atmosfera e dell’”istante”), orientano il Gemelli verso alcune tipiche espressioni culturali. La prima è il giornalismo, che soddisfa tutti e 3 i signori del segno, poiché è mercurialmente rapida, plutonicamente focalizzata sul potere e ipsilonicamente fissata sull’attimo presente. Per citare alcuni scrittori Gemelli che nacquero come giornalisti basti pensare al poeta americano Walt Whitman e al filosofo esistenzialista Jean Paul Sartre.
Quando invece il Gemelli diventa scrittore, la velocità nell’inseguire notizie si trasforma in “viaggio interiore”, perché il movimento fa parte della sua natura profonda e Mercurio sa assumere altre sfumature: non saltella più dietro alle farfalle-notizie, ma ad esempio come accade al nostro Dante Alighieri, diventa psicopompo, cioè guida le anime nell’aldilà, antica funzione mercuriale in piena armonia con la presenza di Plutone-Ade nel segno. E il terzo signore dei Gemelli come si esprime nella Divina Commedia? Y-Eolo governa le “strutture” e i ritmi: è lui l’ingegnere che ha progettato il perfetto ed inesorabile schema di gironi infernali e gerarchie angeliche.
L’interesse del Gemelli per i suoi contemporanei, per la società in cui è immerso però, non svanisce neppure quando viaggia in un altro mondo. Dante nel suo percorso verso il divino incontra molti suoi contemporanei, li colloca (a seconda del suo favore o rancore) in situazioni di beatitudine o di spietato tormento. Questo è il trionfo di un dispettoso Plutone a braccetto con Mercurio, che vediamo apparire sempre nelle opere “pseudostoriche” o “pseudo fantastiche” degli autori Gemelli, insieme al tema della morte che spesso fa capolino o addirittura diviene protagonista di molti romanzi, come accade nelle “Avventure di Sherlock Holmes” del Gemelli Arthur Conan Doyle oppure nelle “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar (romanzo epistolare, tipico dei Gemelli, segno che domina anche lo scambio di messaggi).
I Gemelli parlano di un altro mondo per parlare di quello in cui vivono. La politica (regno di Plutone, ancora una volta) li prende, li travolge, li fa schierare e vacillare. Così come è chiaro nell’esule Dante Alighieri che tuona contro la sua Firenze, come l’amarezza dell’imperatore Adriano è riflesso di quella della Yourcenar, così l’opera di un altro celebre Gemelli come Jean Paul Sartre è intrisa di politica dalla prima all’ultima riga e il Gemelli Garcia Lorca, proprio a causa della sua aperta ostilità alle forze franchiste, perde prematuramente la vita.
Un altro tema che ricorre negli autori Gemelli, in forme diverse, è il tema del “doppio”. Sembra quasi che l’iconografia che vuole il segno raffigurato da due figure umane allacciate o affiancate (i figli di Leda, Castore e Polluce) rifletta una vera “scissione” di questi soggetti, che si trovano sempre ad operare in coppia con un compagno reale o immaginario: Dante viene accompagnato nel suo viaggio prima da Virgilio e poi da Beatrice; Sherlock Holmes è inseparabile dal suo amico e collaboratore Watson; Sartre forma una coppia anomala e indissolubile nella vita reale, con Simone de Beauvoir.
Pessoa racconta in questo modo la nascita del suo primo pseudonimo: “ricordo, così, quello che mi sembra sia stato il mio primo eteronimo o, meglio, il mio primo conoscente inesistente: un certo Chevalier de Pas di quando avevo sei anni, attraverso il quale scrivevo lettere a me stesso, e la cui figura, non del tutto vaga, ancora colpisce quella parte del mio affetto che confina con la nostalgia”.
Insomma, questo irrequieto e prolifico Gemelli, apparentemente snob, creatore di trend, di nuovi modi di esprimersi e di pensare, ostinato a non volersi occupare della parte seriosa della vita (come diceva la De Beauvoir a proposito di Sartre) per restare sempre giovane, alla fine è immerso nel suo tempo e il suo cuore ragazzino batte per tutto ciò che preoccupa le persone che lo circondano, e finisce per rivelarsi un “Great pretender” che usa umorismo e sarcasmo per nascondere la sua profonda sofferenza o per rivelare le storture del presente, sotto travestimento. Non per niente teatro e commedia sono note passioni degli appartenenti al segno.

« Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
Che arriva a fingere che è dolore
Il dolore che davvero sente. » (Pessoa)

© riproduzione riservata: immagini Fototeca Storica Gilardi idea e testi Stefania Lucarelli

24 aprile 2018

Stelle Letterarie - Toro


L’impulso vitale arietino, che dà il via alla ruota zodiacale, passando nel Toro rallenta decisamente e prende corpo. Il Toro appartiene all’elemento Terra ed è letteralmente attaccato ad essa, anche quando svolge un mestiere come quello dello scrittore, del poeta, o del teorico.
La concretezza e il senso di realtà permeano ogni sua opera, le sicurezze e i beni materiali sono il perno attorno al quale ruotano i suoi racconti e le sue riflessioni; i valori tangibili delle cose prendono il sopravvento su ogni speculazione astratta e metafisica, i desideri e le esigenze del corpo attirano la sua attenzione, inoltre il lento ma inesorabile (e spesso monumentale) lavoro di creazione viene svolto dall’autore Toro con un profondo senso di voluttà che traspare nella descrizione dei suoi personaggi , nell’approccio metodico ai concetti, i quali vengono assimilati e trasformati in qualcosa di più materiale e utile alla vita.
Sembrerebbe una contraddizione a questo punto constatare quanti celebri filosofi appartengano a questo segno, pensiamo a Kierkegaard, Kant, Marx tanto per citare i principali, eppure, se leggiamo le riflessioni dei singoli autori, la natura taurina balza prepotentemente in primo piano.
Così ad esempio, Herder, allievo di Immanuel Kant descrive il suo maestro facendo inconsapevolmente un affresco perfetto del Toro: ”Con lo stesso spirito col quale esaminava Leibniz, Wolff, Baumgarten, Crusius, Hume, e seguiva le leggi naturali scoperte da Newton, da Keplero e dai fisici, accoglieva anche gli scritti allora apparsi di Rousseau, il suo Emilio e la sua Eloisa, come ogni altra scoperta naturale che venisse a conoscere: valorizzava tutto e tutto riconduceva a una conoscenza della natura e al valore morale degli uomini priva di pregiudizi. La storia degli uomini, dei popoli e della natura, la dottrina della natura, la matematica e l’esperienza, erano le sorgenti che avvivavano la sua lezione e la sua conversazione. […] Egli incoraggiava e costringeva dolcemente a pensare da sé; il dispotismo era estraneo al suo spirito.” Ebbene Kant, pietra miliare della filosofia occidentale, fu colui che sottopose la fumosa e astratta metafisica, ad una profonda critica fondata sulla Ragione e sulla conoscenza della Natura, riportandola “a terra”.
Non è un mistero per nessuno che, anche al centro delle riflessioni di Karl Marx, ci sia il mondo economico a lui contemporaneo, il valore del lavoro e dei beni materiali, e non è un caso che il titolo della sua opera principale sia uno dei termini taurini per eccellenza: “Il Capitale”.
Anche quando si tratta di comporre un romanzo, l’autore Toro esprime in pieno la sua natura terrena e sensuale, come accade a Balzac, scrittore immensamente prolifico, padre del realismo francese, che pubblica la sua “Comédie humaine” (95 romanzi, novelle, saggi realistici, fantastici o filosofici, racconti e 25 studi analitici) con l’obbiettivo di descrivere in tutti i suoi risvolti più autentici, la società francese.
I suoi personaggi sono sempre alle prese con i beni materiali, con il godimento dei sensi, con la parte più prosaica dell’esistenza; in “Eugenie Grandet” così descrive la psicologia dell’avaro: “lo sguardo d’un uomo abituato a trarre dai suoi capitali un interesse straordinario, contrae fatalmente, come quello del voluttuoso, del giocatore, o del cortigiano, certe abitudini indefinibili, certi moti furtivi, avidi, che possono sfuggire a quelli che provano le identiche inclinazioni; e questo segreto linguaggio forma in certo qual modo la framassoneria delle passioni”.
Passioni, desideri imperiosi, attaccamenti materiali li ritroviamo anche negli scritti psicoanalitici di un altro celeberrimo Toro, Sigmund Freud, che con paziente e pervicace senso pratico procede ad un’esplorazione della psiche scevra da astrazioni metafisiche, ma anche in Nabokov, altro Toro, che con la sua “Lolita” getta una luce impietosa sulle dinamiche di attrazione, potere e manipolazione, tra un uomo di mezza età e un’adolescente.
In epoca rinascimentale un grande teorico del potere, Niccolò Machiavelli, aveva già scandagliato con successo gli anfratti della gestione dello stato e dei beni comuni, individuando nella figura del “Principe”, scaltro e votato alla realpolitik, l’esempio più alto possibile di governante.
Ma quando un Toro legge, cosa legge?
Di solito, ammettiamolo, un Toro preferisce “fare”, ma se deve immergersi in un romanzo sceglie d’istinto i tomoni corposi e le saghe infinite, quelle in cui le scene e i personaggi vengono descritti a pennellate vivaci, in cui la storia inizia in un secolo e finisce in quello successivo, seguendo le vicende realistiche di molte generazioni inserite nella Grande Storia. Per dialettica con lo Scorpione che lo fronteggia, spesso è anche un grande appassionato di gialli e di thriller, o di letteratura erotica.
Nei momenti di vero relax però, non toglietegli il piacere di sfogliare cataloghi d’arte e di fotografia perché quello è l’unico vero godimento dei sensi che un Toro possa ricavare dalla carta.

© riproduzione riservata

22 marzo 2018

Stelle Letterarie - Ariete


Con questo primo post sul Segno dell’Ariete, inizia la nuova rubrica astrologica a tema letteratura. Vedremo qual è lo stile di scrittura preferito da ogni Segno, quale l’argomento ideale, quale il genere più amato o i personaggi che incarnano meglio la personalità dello scrittore, ricordando sempre che in campo astrologico il segno “puro” teorico, non corrisponde mai ad individui realmente esistenti , molto più sfaccettati e compositi.

Il germoglio che buca la terra e la natura che improvvisamente esplode in un tripudio di verde dopo il lungo riposo invernale, sono le immagini che esprimono meglio il vigore e la voglia di vivere tipici degli Ariete. Gli appartenenti al primo segno zodiacale sono dei combattenti nati, sentono forte l’impulso a sfondare ogni ostacolo la vita ponga loro di fronte, senza troppo riflettere. Sono degli istintivi, guidati dalla convinzione che il mondo sia un meraviglioso luogo di conquista, ma qualora questo mondo divenisse ostile, andrebbe odiato e magari anche azzerato senza esitazioni.
Il Segno è guidato da 3 pianeti: Marte (astro della guerra), Sole (astro della vita) e Plutone (astro del potere e della morte): guerra, vita e morte sono concetti basilari, attengono ai bisogni primari della vita umana. E non per caso sono anche i temi centrali della prima produzione letteraria della storia: quella epica. I grandi eroi guerrieri delle varie saghe antiche, quelle da cui prende l’avvio ogni trama oggi conosciuta, riverberano in pieno il carattere arietino.
Omero nell’Iliade ci racconta Achille, con le sue furie distruttrici, guerriero imbattibile e collerico; ma ci racconta anche il suo antagonista, il nobile Ettore, che non combatte per sete di sangue o per l’oro, ma per difendere la sua città, i suoi sudditi e l’onore della sua famiglia.
Anche avvicinandoci a tempi più storicamente affini a noi, l’Ariete resta Ariete: guerra, nemici, onore, eroismo. Anche vanteria, perché no: l’Ariete non è modesto, “si piace” molto e lo dice apertamente.
Non riesce a discostarsi da personaggi a tutto tondo, in qualche modo eroici, anche quando le imprese che compiono non trattano di guerra, ma di amore o di sesso. Così troviamo l’egocentrico Ariete Casanova che scala i muri per conquistare non castelli, ma donne altrui e che se ne vanta in un’autobiografia da lui scritta, stampata e distribuita. Eh sì: se un Ariete si mette in testa un’impresa, non lo si ferma facilmente. Arriverà in fondo, costi quel che costi.
E spesso quando racconta, racconta in prima persona e parla di se stesso: il suo argomento preferito.
Amore e guerra sono anche la passione di un altro Ariete: Edmond Rostand, commediografo francese che rese immortale la figura di Cyrano de Bergerac, il quale naturalmente veste un’uniforme, come moltissimi personaggi “arietini”. Cyrano è infatti spadaccino e poeta, è un guerriero dal temperamento sanguigno e leale, ama in segreto la cugina Rossana, ma afflitto da un naso over-size, non le confessa il suo amore che in punto di morte.
L’Ariete è uomo (o donna) d’azione e non sopporta di stare fermo a lungo, ma non si pensi che sia un troglodita. La sua mente ha bisogno di essere attiva tanto quanto il suo corpo. L’intelligenza arietina aggredisce il sapere con lo stesso impegno che mette a scalare una montagna o a vincere una corsa. Non cede di fronte a concetti complessi, purché non siano elucubrazioni fumose o pedanti perché in quel caso perde presto la pazienza e la passione.
Attendere, aspettare, esercitare la pazienza è il vero incubo arietino, non per niente era Ariete anche Samuel Beckett che nella sua celebre opera teatrale “Aspettando Godot”, raccontò l’attesa di un personaggio che non arriverà mai.
Quando un Ariete trova un ambiente ostile, quando non riesce ad esprimere entusiasmo ed eroismo, tutto il suo calore si rivolge all’interno, resta compresso e diviene pericoloso come un magma vulcanico. Se il temperamento lo permette però, grazie alle doti suggerite dall’opposto segno della Bilancia, questo segno raggiunge rare vette di intensità poetica, in cui vediamo mescolarsi amore puro e rabbia, innocenza, stupore per la natura e abissi di disperazione.
Se volete toccare il magmatico potenziale poetico arietino preparatevi ad emozioni intense, a toccare il cielo e l’inferno … prendete in mano “I fiori del male” dell’Ariete Charles Baudelaire o perdetevi in questi struggenti versi della meravigliosa Alda Merini:

“Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.” (A.Merini)

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© idea e testi Stefania Lucarelli

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